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Prime visioni


 

di Ilaria ABATE

finalmente un’iniziativa per il cinema indipendente!

 

Mercoledì 12 novembre si è tenuta, presso il Filmstudio di Roma sito in Orti d’Alibert 1/c, la conferenza stampa che apre il progetto “Prime Visioni”, patrocinato dalla Regione Lazio a sostegno del Cinema Indipendente e di tutti quei film che nonostante ottengano uno strepitoso successo di pubblico ai Festival non riescono ad arrivare nella sala e quindi a raggiungere il pubblico comune che viene quindi privato del diritto di vedere un film a causa della mancata distribuzione. Il Comitato di valutazione composto da cineasti, critici, scrittori, giornalisti e operatori culturali, tra cui Americo Sbardella, Marco Lodoli, Roberto Nanni e Paolo di Reda, hanno selezionato per l’esordio di questa iniziativa- che si spera non resti una goccia in mare aperto- tre opere di qualità di recente produzione simbolicamente mai uscite in sala: La Rieducazione di D. Alfonsi, A. Fusto, D. Guerrini, D. Molagnino (2006) ; Ossidiana di Silvana Maja (2007); Storie D’armi e piccoli eroi di I. Sandri e G.M Gaudino (2008). Il circuito è composto per adesso da cinque sale di Roma e del territorio che garantiranno a ciascun film 28 giorni articolati su più sale (Filmstudio, Cinema Aquila, Cinema Palma, Multicinema Planet e Cinema Olympia).

Successivamente al dibattito tra i presenti è stato proiettato il primo di questo ciclo di film, di cui segue una breve recensione.

 

data di pubblicazione:16/11/2008

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la rieducazione

di Davide Alfonsi, Alessandro Fusco,
Daniele Guerino, Denis Malagnino
Italia 2006, 96’

Scelta di attori non professionisti, bassissimo budget, sceneggiatura di ferro e ambientazione quanto mai priva di luci ed effetti “hollywoodiani”: questi gli ingredienti che nel complesso compongono una miscela scoppiettante dal sapore neorealista e dal retrogusto agro amaro intitolata La rieducazione. Ecco l’immagine più adeguata a definire questo film di Amanda Flor, un collettivo attivo nella provincia est di Roma. Più che di rieducazione si tratta proprio di un percorso di riformazione (o di iniziazione se si considera la ritualità di alcuni passaggi), un cambiamento che il nostro protagonista Marco (Marco Donatucci) è costretto ad affrontare nel momento in cui ritorna a casa e capisce che ne’ il volontariato, ne’ l’amata frequentazione della sua Parrocchia possono consentirgli di vivere, perché senza soldi in questa vita non si va da nessuna parte. Che il denaro sia la molla di ogni azione lo si vede, infatti, anche dai volti e dai discorsi degli altri personaggi, come il “principa’” Denis (Denis Malagnino)  o il napoletano Gennaro (Gennaro Romano), nonché dalla naturale recitazione della due figure femminili che riescono ad assumere un ruolo centrale nonostante la riduttiva presenza di battute (Alessandra Alfonsi ed Elisabetta Bugatti).
Davvero triste l’idea che nella precarietà dell’ Italia in cui viviamo il padre-padrone di un promettente laureato si senta in dovere di spingere letteralmente il figlio fuori da casa, nel disperato tentativo di metterlo di fronte alla dura realtà e farlo uscire dal suo guscio, proprio perchè «il ragazzo ha fatto 2000 concorsi e gli hanno detto di no a 4000». Ma fuori dal suo mondo di fede e di speranza, simboleggiato dall’iniziale preghiera dell’Ave Maria che funge da controcanto all’eco dei suoi passi, Marco comprenderà cosa sono il disagio, la delusione, la corruzione e il sopruso…e proprio sulla soglia del baratro rivedrà nuovamente il bagliore della speranza che, come dice il noto proverbio, è sempre l’ultima a morire.

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