Sulla scia del successo e della popolarità di
una manifestazione che da tempo raccoglie e premia sceneggiature da tutto il
mondo in una location consacrata al cinema quale Los Angeles, la città di
Genova è stata il luogo di un evento similare, tutto italiano, pregiandosi
della presenza di un personaggio che in fatto di screen-writing è davvero un
maestro. Il noto Syd Field, già autore di numerosi manuali di scrittura
cinematografica, ha presenziato l’evento garantendo aura e feedback
internazionale a un contesto di per sé meritevole a livello locale.
La manifestazione si è articolata in una triplice fase: una prima parte (da
aprile a settembre) in cui sono state raccolte le sceneggiature di giovani
non professionisti; una seconda nella quale sono state scelte e premiate le
quattro opere più interessanti per contenuti e forma; e infine un’ultima
fase in cui Mr. Field, già padrino della premiazione, seguirà i giovani che
hanno aderito all’iniziativa in un master full-immersion della durata di due
giorni (3 e 4 novembre). Il corso sarà incentrato sul come, quando e perché
scrivere una sceneggiatura, approfondendo le griglie strutturali che lo
studioso ha elaborato con schemi personali e collaudati per la messa in
forma creativa della prima e fondamentale stesura di un film. Seguirà una
parte esplicativa della teoria, che prevede l’applicazione pratica delle
strutture a esempi di sceneggiature modello di film americani e non,
permettendo di utilizzare pragmaticamente trucchi e regole e arrivare a un
prodotto fruibile, serio, spendibile, sempre bifronte tra arte e industria.
È interessante sottolineare come un’associazione no-profit come Endas,
appoggiata dall’assessorato alla cultura del capoluogo ligure e dal
consolato americano, sia riuscita in tempi ristretti e senza esperienza
pregressa a mettere su un evento ben strutturato, soprattutto con l’intento
lodevole di dare visibilità a quanti, non professionisti o semplici
appassionati, hanno desiderio e creatività da investire nella scrittura per
il cinema. La realizzazione è stata possibile anche e soprattutto grazie
all’impegno del suo organizzatore, Silvio Nacucchi, già finalista di un
premio statunitense per la migliore sceneggiatura, e da sempre appassionato
e sostenitore di iniziative di argomento cinematografico. Cosa ancora
importante, è stata la location di una simile manifestazione in una città
come Genova, la cui regione si è dotata recentemente di una Film Commission,
seguendo i passi di altre regioni come Puglia e Piemonte, e dimostrando la
presenza di un felice trend negli ultimi anni che mira a rivalutare la
settima arte come parte integrante non più solo del sistema intrattenimento
ma in qualità di tassello integrante del network comunicazionale, che ancora
vede nel cinema (fortunatamente) il suo prioritario centro propulsore. Il
fiorire sempre più frequente di eventi e festival, manifestazioni culturali
e convegni incentrati su cinema e arti affini, rende noto un interesse
nazionale di cui, a dire il vero, si sentiva la mancanza, anche considerate
le forze centripete concentrate tutte nei luoghi canonici del consumo e
della cultura del settore, quali Roma, Venezia, Bologna e pochi altri
sporadici casi. Genova dunque viene a inserirsi qui, segnando una linea
immaginaria che unisce est e ovest della penisola, aspirando a una
internazionalità che ci si augura aumenti nel corso degli anni anche con le
successive edizioni di questo evento particolarmente significativo.
Syd Field ha preso parte alla manifestazione presiedendo alla conferenza
stampa di apertura, tenutasi giovedì 1 novembre.
Kinematrix: Quanto
conta ancora un prodotto artistico come la sceneggiatura in un momento
storico in cui al cinema vige la regola del sequel/prequel/remake a tutti i
costi? Si può ancora sperare nella sana creatività di un artista di talento?
Syd Field: Certamente
si tratta di un momento duro per il cinema mondiale, e questo vale anche nel
caso di un’industria solida come quella statunitense. Senza dubbio io mi
auguro che questo trend si fermi, o quanto meno sia ridimensionato visto e
considerato che spesso sequel, remake e quant’altro fatturano meno dei
cosiddetti “pilot”. Dunque, almeno questo, quanto a profitto e reale
spendibilità del prodotto, dovrebbe far pensare i grandi investitori. Certo
è che secondo il mio punto di vista la sceneggiatura è e rimarrà sempre il
fulcro principale dell’opera cinematografica, il punto di partenza fondante
per la buona riuscita (artistica e di presa sul pubblico) del film. Lo
stesso grande Michelangelo Antonioni, un vostro regista che io ho amato
molto e conoscevo bene, scriveva sceneggiature accurate, nonostante le sue
opere si presentassero costellate di ellissi, spazi vuoti e pause diegetiche.
KMX Ancora legandoci
alla crisi della sceneggiatura nel cinema contemporaneo, sembrerebbe che un
altro fenomeno, se permette castrante come quello del blockbuster, abbia
favorito e incentivato il ripiegamento della creatività sul versante della
televisione e dei serial tv. Ed è infatti negli ultimi anni che abbiamo
visto fiorire nuovi serial, tutti brillanti e variamente creativi come Lost,
Heroes, Grey’s Anatomy e Dr. House. Cosa pensa rispetto a questo fenomeno e
al futuro degli sceneggiatori in un clima del genere?
SF Che è tutto verissimo. E in USA ancora di più. Mentre volavo da
Los Angeles per essere da voi in Italia, era in corso a L.A. per l’appunto
uno sciopero generale della Corporation Guilt degli sceneggiatori
californiani che rivendicano i loro diritti e le loro percentuali di
guadagno (royalties) sulle opere che firmano personalmente, così come sulle
varie forme di trasmissioni cinematografiche sfruttate dalle odierne e
variegate tecnologie. Lo sceneggiatore, infatti, di fronte ai profitti
multi-miliardari delle high-budget productions, rappresenta la categoria
meno remunerata, quando in realtà è il lavoratore che investe di più, in
termini di tempo e lavoro creativo, e il cui contributo è sempre
fondamentale per la buona riuscita dell’opera. Si è a un crocevia
fondamentale, le cui conseguenze, cinematograficamente parlando, si faranno
sentire presto anche in modo più massiccio. Esistono solo grandi produzioni,
gli indipendenti sono spazzati via come mosche da questo meccanismo
inglobante e infernale. E va da sé che, in una simile situazione, si riversi
tempo e “aspettative” in un medium più familiare e dai costi ridotti come la
televisione. Con circa la metà delle spese di un qualsiasi film mediocre, è
possibile produrre un’intera serie, che dalla sua avrebbe anche la grande
chance aggiuntiva di “fidelizzare” il consumatore-utente, e autoalimentarne
così il meccanismo. E poi, sì, è inutile dire che la maggior parte di questi
prodotti sono fatti molto bene, hanno sceneggiature forti e ben motivate.
Ultimamente in USA è uscito un nuovissimo serial che è tutt’ora sulla bocca
di tutti: Tell Me You Love Me nel quale le scene di sesso esplicito stanno
facendo scalpitare il pubblico americano più puritano, e tutto ciò non fa
ovviamente che aumentare il successo della serie.
KMX Esiste una tendenza, sempre più diffusa e riconoscibile, nel
cinema tout court ma soprattutto in quello statunitense, che è a nostro
avviso quella di eclissare, o quantomeno intervenire manipolando le
connessioni strutturali delle storie (in particolare il loro legame
causale), favorendo un trend che sembra prediligere la “casualità” alla
“causalità” delle narrazioni. Un esempio tangibile potrebbe essere il Pulp
Fiction di Tarantino, che ha inaugurato un nuovo modo di intendere il plot
tradizionalemte inteso, portandolo in direzione di forme di racconto
“cumulative” e “catalogali”. Ritiene che questo sia vero e quanto pensa
possa influire sulla sceneggiatura classicamente intesa?
SF Sono in parte in accordo, in parte in disaccordo con quanto
sostiene rispetto alla causalità/casualità delle storie cinematografiche.
Vale a dire che effettivamente un trend simile esiste e, come biasimarlo,
vedrebbe spesso storie diverse legate tra loro mediante pretesti, o come
dice lei, casualità, facendo evolvere lo script da questi esili punti di
partenza. Ma se questo è vero, è anche vero l’esatto contrario, e cioè che
storie valide sono sempre quelle che antepongono forti e solide motivazioni
alle più comuni “divagazioni narrative” che fanno moda ma in realtà non
fanno il cinema. Sono uno studioso e un teorico di sceneggiatura, dunque
prediligo questo genere di prodotto che, secondo me, è sempre fonte
autentica di godimento spettatoriale. E comunque, si potrebbe dire che,
anche quando la sceneggiatura è fondata sull’assenza di una rete causale ben
salda, essa continua ad essere la struttura portante del film, il fondamento
imprescindibile da cui prende il via l’imprinting della storia, il suo cuore
pulsante di arte nonchè sede della pregnanza dell’opera.
KMX Ritiene valida la struttura e l’utilizzo della sceneggiatura
nell’odierno panorama cinematografico italiano, oppure no?
SF Ma, devo ammettere che il cinema italiano contemporaneo non arriva
copioso negli Stati Uniti. Si può trovarlo nei festival, o in manifestazioni
che danno visibilità a specifiche nicchie di settore ma in effetti è da
tempo che non vedo una pellicola recente fatta da voi italiani. Certo è che
come c’è crisi in America, penso che la situazione non sia tanto diversa
anche qui in Italia. È tutto il settore ad attraversare una crisi profonda,
provocata principalmente dall’intervento massiccio delle nuove tecnologie e
del digitale, oltre che di una serie di altri media, cellulari, palmari,
computer e così via, supporti che fanno del film una parte quasi irrisoria
del prodotto nella sua totalità. Quello che sento di dire a difesa del
vostro cinema, che io amo molto, da Antonioni a Fellini a De Sica, è che si
tratta di una modalità di fare film che predilige le connessioni sociali. Ci
sono delle idee molto intelligenti e spendibili nel vostro immaginario, come
la dimensione del sogno, della riflessione sociale, particolarmente validi e
degni di essere sviluppati. Il punto forse sarebbe quello di non appiattire
le vostre aspirazioni e renderle troppo locali e regionalistiche, limitando
il campo e l’internazionalità di tematiche che invece potrebbero riguardare
chiunque e non solo una fascia di pubblico italiano. Non si tratta di una
questione di qualità del prodotto o di idee che, se conosco la storia del
cinema italiano, non vi sono mai mancate, ma piuttosto di una condizione più
probabilmente generalizzata di una società appiattita sia nei valori che
chiaramente nella messa in forma di questi valori.
KMX In definitiva, quale ritiene essere l’elemento centrale,
imprenscindibile per una sceneggiatura ben fatta, e che risulti ancora
valida in un panorama cinematografico sacrificato come quello attuale?
SF Io credo e ho sempre creduto che il cinema sia un medium
essenzialmente visivo. E proprio in questo risiede la sua peculiarità e
anche il suo principale limite. Vale a dire che si può avere idee brillanti,
intelligenti e creative ma non riuscirle a organizzare in qualcosa di
efficace da un punto di vista visivo. Penso ad alcune mie ultime lezioni
che, rivolgendosi a un pubblico di scienziati e ingegneri, mi imponevano una
riflessione non banale: le loro erano tutte idee geniali e creative ma che
spesso, forse per deformazione professionale o loro scarsa dimistichezza,
faticavano a esprimersi chiaramente e in modo incisivo tramite il mezzo del
racconto. Il mio compito era per l’appunto insegnare loro come strutturare
dei racconti, per esplicare meglio le idee, come tanti piccoli film o
documentari, la cui centralità era sempre fondata sull’immagine in
movimento, sul visivo e sull’occhio. Dunque credo che l’essenziale al cinema
sia esattamente questo: mostrare per immagini un racconto, e farlo
sfruttando l’immediatezza percettiva che è anche la più grande virtù che il
cinema ci ha regalato.
Genova, 2-4 Novembre 2007
VINCITORI EDIZIONE 2007
THE BEST SCRIPT: Il viaggio di Rosa - Stefano Russo (ITA)
PREMIO CATEGORIE
Commedia: Per scelta o per destino - Elisa Rossini e Chiara Rebutto (ITA)
Drammatico/Thriller/Horror: Jim - Nino Bonanno (ITA)
PREMIO SPECIALE ENDAS
Cupid Walsh - Brando Cugia di Sant'Orsola (ITA)
|