Corso di teorie

e tecniche del linguaggio radiotelevisivo
Il Reality show come intersezione fra realtà e schermo

Professor Bruno Voglino

 

di Ambra MURA

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Premessa

La realtà del palco

 

In “Uno, nessuno e centomila” Pirandello riflette su come la percezione della propria immagine influisca sul personaggio pubblico che indossiamo e che ci indossa al punto da determinare la nostra identità nei confronti di noi stessi e degli altri. Il suo personaggio, Gengè Moscarda, vive lo stacco fra la percezione che ha di se stesso e quella della moglie che gli fa notare come il suo naso penda un po’ verso destra. Da questa considerazione ingenua esplode un terremoto di pensieri: chi è veramente? È quell’uomo che ha sempre pensato di essere? È l’uomo di cui si è innamorata la moglie? Eppure quell’uomo è diverso da come riteneva di essere..o forse è l’uomo di tutti i giorni che indossa quando va al lavoro, quando passeggia per la strada. Forse è tutti questi uomini al contempo o forse infondo non è nessuno di questi. Fino a che punto la nostra vita sociale e la percezione che hanno gli altri di noi influisce sulla nostra identità? Pirandello, non a caso uomo di teatro, fa delle riflessioni che possono essere la traduzione letteraria delle teorie sociologiche di Goffmann. La nostra vita e la nostra identità si fondano su molteplici livelli di ribalta e retroscena: il palco può essere lo svolgere il nostro ruolo lavorativo e il retroscena quando ci prepariamo per sostenerlo; la nostra casa è la ribalta quando invitiamo qualcuno e il nostro retroscena quando ci ritiriamo in essa dalla vita sociale. Recitiamo anche quando ci mostriamo belli per la persona che ci attrae amorosamente. Per contro il retroscena è il preparare noi stessi all’incontro.

Il confine fra ribalta e retroscena consiste nella gestione di ciò che si mostra e ciò che si nasconde alla vista degli altri.

 

Introduzione

 

La televisione è un medium che, soprattutto ai suoi albori, mostra molto la sua discendenza dai meccanismi  teatrali. Inizialmente è la proiezione di realtà che diventano mitiche: sottostà al gioco della narrazione che infondo è uno strumento di conoscenza umana e in quanto tale omnipervasiva. La televisione come prima il teatro, la radio, a suo modo, e il cinema, diventa luogo di elezione narrativa. Inoltre per la sua diffusione che a poco a poco si fa capillare, costituisce un sostrato culturale noto a tutti. La distanza che in principio si pone fra il ruolo degli osservatori e il ruolo degli attori è il terzo elemento che rende le sue proiezioni una sorta di mito.

Negli anni la distanza fra televisione e pubblico si riduce, sia nella radio che nella televisione, attraverso la diffusione del telefono. Questo strumento la cambia. La struttura del palinsesto, se inizialmente riflette la distanza fra pubblico ed emittente ponendosi dietro una cattedra di intenti pedagogici e rivelando l’intento di definire essa stessa il pubblico, in seguito vede il suo ruolo cambiare: l’interazione del pubblico (anche attraverso  il ruolo della pubblicità che sfrutta il teleschermo per diffondere la sua immagine) a poco a poco si fa tale per cui è la televisione a ricercare il consenso e la partecipazione del pubblico. Bisogna però dire che, riferendosi allo specifico contesto italiano, questo discorso risulta semplicistico perché nella sua evoluzione ciò che porta a questa ricerca di consenso è anche l’antagonismo che negli anni ’70 si instaura fra il servizio pubblico e il neonato, ma forte, network privato.

 

20:11:2011

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