Una retrospettiva che pone lo sguardo su uno dei decenni più controversi
della storia politica e culturale italiana: gli anni settanta.
Un binomio - anni settanta e Roma – che riporta inevitabilmente alla
memoria avvenimenti drammatici ed esperienze eccezionali: gli anni di
piombo, il dopo Sessantotto, le conseguenze dell’omicidio Moro, ma anche la
grande stagione di Carlo Giulio Argan e di Renato Nicolini. Anni di
sperimentazioni, numerose e multiformi, che fecero di Roma una delle
capitali mondiali dell’esperienza artistica contemporanea, capace di riunire
attorno ai luoghi dell’arte giovani artisti e critici impegnati a ridefinire
il pensiero stesso sull’arte. Gallerie quali La Tartaruga di Plinio De
Martiis, L’Attico d Fabio Sargentini, La Salita di Gian Tomaso Liverani
(solo per citarne alcune), ma anche associazioni culturali e spazi
autogestiti (La Stanza e gli Incontri Internazionale d’Arte) e istituzioni
(si pensi all’Estate Romana, ma anche allo stesso Palazzo delle Esposizioni
e alla mostra-culto “Vitalità del negativo dell’arte italiana - 1960/70”)
richiamarono a Roma da ogni parte del mondo una gran quantità di artisti
detentori di attitudini e linguaggi tra i più svariati, i quali scelsero di
fare della Città Eterna la loro residenza o di soggiornarvi per un periodo
più o meno lungo.
Dall’Arte Concettuale all’Arte Povera, dalla Narrative alla Land Art, dal
Postminimalismo alla Pittura Colta passando per la Transavanguaria, sono
moltissimi i nomi che compongono il tessuto di quella che sarebbe corretto
definire come una lettura in prospettiva, una mostra che restituisce
attualità ad un passato che non ha ancora esaurito le sue possibilità di
analisi critica.
Jannis Kounellis, Alighiero Boetti, Mario Merz, Giuseppe Penone, Maurizio
Mochetti, Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Vittorio Agnetti,
Sergio Lombardo, Fabio Mauri, Tano D’amico, Mario Cresci, Luca Maria
Patella, Giuseppe Penone, Marisa Merz, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Cesare
Tacchi, Giosella Fioroni e la Scuola di Piazza del Popolo, (Tano Festa,
Franco Angeli) Salvo, Gino De Dominicis; e ancora Vettor Pisani, Ketty La
Rocca, Cy Twombly, Gilbert & George, Joseph Kosuth, Richard Tuttle,
Hidetoshi Nagasawa, Joseph Beuys.
Un percorso espositivo quello curato da Daniela Lancioni che parte dalla
documentazione di quelle che possono essere legittimamente considerate le
quattro più importanti mostre tenutesi a Roma negli anni Settanta :
“Vitalità del negativo”, a cura di Achille Bonito Oliva, “Fine
dell’Alchimia” (presentata da Maurizio Calvesi presso la galleria L’Attico),
“Contemporanea” (al Parcheggio di Villa Borghese) e “Ghenos Eros Thanatos”
(a cura di Alberto Boatto presso La Salita) ad opera di testimoni
d’eccezione quali i fotografi Claudio Abate, Ugo Mulas, Elisabetta
Catalano. Un lavoro interpretativo, ma anche storico e
storiografico, nel quale alle opere vengono affiancate immagini fotografiche
e pannelli didascalici che permettono al fruitore di venire a conoscenza di
come le opere erano state presentate per la prima volta e che danno ragione
del modo in cui sono state accostate in ogni sala.
Oltre 200 opere di 100 autori italiani e stranieri, raccolte attorno a dei
nuclei di senso: non temi, bensì parole-chiave, fils rouges mutuati
da dibattiti, testi critici, saggi, articoli riconducibili a quel periodo
storico-artistico, in una mostra che fruga nella memoria collettiva,
riproposizione di un passato “rivisitato per adulti”.
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