festival cinema africano

d'asia e america latina

22.ma edizione

 

Milano 19 / 25 marzo 2012

 

in questa edizione

di GABOV

La 22a edizione del Festival del Cinema Africano, Asia e America Latina continua nel suo percorso di proposizione di un "altro cinema" e non un "cinema alternativo". Poiché non si pone in contrapposizione con il cinema a cui è abituato la maggior parte degli spettatori, ma molto più semplicemente i presupposti produttivi, distributivi e soprattutto dell' "urgenza del dire" sono diversi. Lo hanno spiegato nell'introduzione del catalogo del festival Annamaria Gallone e Alessandra Speciale, ovvero la direzione  artistica, e lo hanno ribadito nella serata di inaugurazione attraverso il concetto "Red carpet, no grazie!", con il quale vogliono sottolineare la gestione di un festival senza divi e divismi, ma non per questo privo di film di qualità e soprattutto non privo di quella passione che diventa elemento fondamentale da contrapporre alle scarse risorse finanziarie.

Ad aprire il festival è il film egiziano El Shouq di Khaled El Haggar, presentato fuori concorso. Uscito poco prima degli avvenimenti di piazza Tahrir, è un melodramma che coglie, come ha ammesso lo stesso regista, il clima di dissesto presente nella società egiziana negli ultimi mesi del regime di MuBarak. La storia di una madre che per la propria miseria non riesce a salvare il figlio, diventando un'usuraia che ricatta i suoi vicini conoscendone le debolezze e impedisce alle sue figlie di sposare coloro che amano, perché ritenuti troppo poveri, diviene metafora di un potere incapace e cieco che porta con sé solo odio e distruzione.

E la primavera araba ha avuto uno spazio importante all' interno della manifestazione con film come Rouge parole di Elyes Baccar, a cui è andato il premio Documentari Finestre sul mondo. Girato tra il 18 gennaio e la fine di febbraio 2011, a ridosso della fuga del presidente Ben Ali. Una visione corale raccontata attraverso registrazioni amatoriali, spezzoni di telegiornali e commenti radiofonici, è la rivoluzione raccontata da chi ha vissuto pienamente quelle intense giornate, la cui vitalità è anche ben espressa dal montaggio serrato a ritmo di rap, con un finale aperto alla speranza di un cambiamento che possa essere globale.

Il vento della primavera però arriva da lontano come racconta il cortometraggio "Demain, Alger?" di Amin Sidi-Boumediene, che ci mostra attraverso la vita di quattro amici la vigilia di una delle prime rivolte nel medio oriente. è il 4 ottobre del 1988, mentre aspettano di salutare un amico che sta per emigrare a Parigi, tre ragazzi discutono se partecipare o meno alla manifestazione del giorno dopo. Il loro amico partirà senza voltarsi indietro e loro andranno in piazza, in una giornata nella quale l'esercito farà mille morti morti sparando tra la folla.

Da segnalare anche il documentario "Tahrir-Liberation Square" di Stefano Savona, già presente anche al festival di Locarno, che racconta i diciotto giorni che portarono al cambiamento in Egitto.

 

Ma naturalmente non si è solo parlato della primavera araba.Il primo premio del festival è andato al film franco-senegalese Aujourd'hui di Alain Gomis, che racconta la storia di Satché che ritorna dagli Stati Uniti, dove ha vissuto quindici anni, nel suo paese natale in Senegal e camminando per le vie delle sua città si confronta con il suo passato rivedendo luoghi e persone come se fosse la prima volta, con uno stile moderno e poetico, ma senza retorica inutile, che è anche la motivazione con la quale la giuria ha assegnato il premio al film.

La migrazione è un altro tema importante affrontato in molti film tra cui Ulyses di Oscar Godoy, menzione speciale Lungometraggi Finestre sul Mondo, che racconta la storia di Julio, professore in Perù che emigra in Cile e le sue difficoltà di inserimento in un paese ricco che ha bisogno di manodopera, ma non di individui. Girato con uno stile asciutto è una fotografia di un mondo non sempre, volutamente, spiegato fino in fondo, come ha ammesso anche Gody alla presentazione in sala dichiarando che se avesse dovuto rispondere a tutte le domande che il film pone avrebbe girato il film a Hollywood.

 

Un messaggio ecologista arriva dal film indonesiano The mirror never lies della regista Kamila Andini, ambientato nel meraviglioso arcipelago di Wakatobi. La protagonista è la piccola Pakis, che continua ad attendere invano il ritorno dal mare di suo padre e interroga lo specchio che lui le ha donato per sapere quando tornerà. Il difficile rapporto con la madre si complicherà anche con l'arrivo di un ospite nella loro casa, uno studioso di delfini, per il quale Pakis prova affetto e simpatia, ma che teme possa prendere il posto di suo padre. Ciò che colpisce molto non sono solo gli splendidi paesaggi, ma anche il rapporto stretto con l'ambiente circostante, il mare, amato, ma anche tanto temuto, come si intuisce in una scena dove si vedono al telegiornale le spaventose immagini dello tsunami che colpì il Giappone l'anno scorso.

 

Sul rapporto con l'ambiente e lo sviluppo sostenibile Nuakchott P.K.0., vincitore del premio CUMSE, che consiste nell'acquisizione dei diritti home-video, è un film corale girato nella capitale della Mauritania, che racconta della difficoltà della raccolta differenziata e dei tentativi di farne capire l'importanza sia alle singole persone che alle amministrazioni. Memorabile la spiegazione del riciclo dei sacchetti di plastica posti all'interno dei mattoni usati per costruire le case che servirebbero anche da isolante. Lo sguardo è allegro, quasi da reportage scolastico.

 

Alla sua 22 edizione questo Festival è cresciuto sia in termini di proposte che di interesse del pubblico, per quella dell'anno prossimo ci auguriamo che riesca anche ad attirare l'attenzione dei distributori.

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Milano 19 / 25 marzo 2012